E-learning [rubrica personale su “La vita scolastica”], Firenze, Giunti.
Quando la forma non è tutto
Nel dibattito attuale sull’e-learning uno dei temi più sentiti riguarda la formalizzazione dei percorsi di apprendimento in rete. Ha a che fare col “valore” della formazione a distanza, in termini di spendibilità, riconoscimenti, attestazioni, certificazioni. In molte esperienze americane attuali, ad esempio, la parola d’ordine è “compliance-driven learning”: significa che si accettano solo proposte formative a distanza solo se il risultato conseguito è certificato secondo criteri rigorosi. Posto che un programma di e-learning dovrebbe prima di tutto dimostrare che in rete si può insegnare e imparare, come si attesta o si certifica che ciò è effettivamente accaduto? Nelle università, ad esempio, il problema non è banale: si è capito che i corsi online possono agevolare studenti disagiati geograficamente, o chi lavora e cerca opportunità di riqualificazione. E questo vale anche per i piani di aggiornamento di molte categorie professionali, come gli insegnanti delle scuole. Si comincia anche a capire come certi programmi possono essere gestiti in modo da essere efficaci sul piano formativo. Ma nessuno sa ancora dare una risposta sensata nel momento in cui si tratta di spiegare come valutare in modo formale i risultati conseguiti: si può sostenere un esame o una prova di verifica online? Certo che no, diranno i più, e in effetti sono molto rari gli esperimenti in tal senso. Ma qual è l’alternativa? Riconoscere che si è lavorato online sotto forma di generica attestazione? Ma chi può dire con sicurezza che al computer ci fosse davvero “quello” studente? Che valore ha, di fatto, un generico attestato che dimostra solo che qualcuno ha interagito con la piattaforma o con il tutor per un certo numero di ore? Nell’università, alla fine ci si affida alla tradizione, gli esami “veri” restano quelli di sempre, un colloquio di fronte al professore o a una commissione. Nulla di male, se non fosse che a quel punto viene da domandarsi a cosa è servito il lavoro online dello studente, che magari ha fatto degli esercizi, è intervenuto nei forum, ha chattato. Se “essere” online è solo un modo per preparasi a un colloquio tradizionale che differenza c’è tra la formazione in rete e quello che una volta veniva definito eufemisticamente programma per non frequentanti? Sono domande che per i prossimi anni resteranno probabilmente senza risposta. Anche se qualche ipotesi comincia a farsi strada: portfolio, autovalutazione, valutazione formativa, concertazione, riconoscimento di crediti sono tutte espressioni di cui sentiremo parlare a lungo.
Alcuni riferimenti per cominciare a riflettere sul riconoscimento delle attività di studio online:
Bilancio delle competenze, valutazione oggettiva e portfolio, di A. Ciampi, M. Corradini, M. Larotonda, G. R. Mangione, S. Nigro, M. Pegoraro, C. Policaro: http://formare.erickson.it/archivio/marzo_aprile/tre.html
SOStudenti: materiali didattici per insegnanti e studenti. Leggere, scrivere ascoltare: uno sguardo su SOSstudenti, di Maria Ranieri:
http://dante.bdp.it/content/index.php?action=read&id=1211
Competenze, crediti, standard. Il nuovo orizzonte del percorso di istruzione e formazione, a cura di Giancarlo Sacchi, Scuola Emilia Romagna :http://www.scuolaer.it/page.asp?IDCategoria=131&IDSezione=388&ID=46358