Riflessi d’Italia

Scusatemi se interrompo con un messaggio come questo che state per leggere questa bella giornata di luglio, ma non posso fare a meno di condividere con tutte le persone che amo e che stimo qualche riflessione su ciò che “sento” accadere in Italia, oggi.

Non ne posso fare a meno, da quando ho capito che ormai non si cerca più di dare una risposta a domande tipo chi siamo, da dove veniamo o dove andiamo, o più poeticamente “che fai tu luna in ciel”, ma a una domanda che evidentemente ha una maggiore portata esistenziale: che cosa avrà detto Materazzi a Zidane?

No, non sto polemizzando e non vorrei sembrare il solito snob: ero in piazza a vedere la partita domenica sera, ed è stato bello, emozionante, sono assolutamente contento che l’Italia abbia vinto. Sono anche andato in giro nella città in festa con la mia ragazza, abbiamo ballato, mi è arrivato addosso un gavettone gelato e mi sono tolto la maglietta bagnata continuando a passeggiare a torso nudo come se niente fosse.

Ma poi, ascoltando la gente parlare, leggendo i giornali in questi giorni e soprattutto guardandomi intorno, ho cominciato a provare un certo disagio, e vorrei dirvi perché, con leggerezza, senza certo pretendere di essere nel giusto, e senza dare un ordine preciso a questi “riflessi d’Italia”…

Non mi piace vedere ragazzi di vent’anni che cantano fratelli d’Italia con mani tese in avanti. A parte il fatto che preferirei “Va’ pensiero…”, appartengo a una generazione che ama questo paese ma sa che il nostro vecchio inno è un inno di guerra, e nella nostra Costituzione c’è scritto, e ci credo fermamente, che l’Italia ripudia la guerra, in tutte le sue forme. Questi ragazzi lo sanno? Penso di no…

Mi dispiace sentire un presidente che ho votato dire che una squadra di calcio ha unito il paese. Io pensavo che fosse stato Garibaldi! Forse perché la mia famiglia discende da uno dei suoi seguaci, uno di quelli che rimasero con lui in Aspromonte, quando anche lui si rifiutò di obbedire…

Amo lo sport e ne ho sempre praticato un po’. Lasciatemi dire una banalità: non è solo un fenomeno di massa, prima di tutto è un modo per aver cura del nostro corpo, per divertirci, appassionarci, respirare, rilassarci, è il nostro sudore, la ricerca di quella stanchezza che ci aiuta a svuotare la mente perché possa essere più fresca e più pronta… stiamo dimenticando anche questo?

Non mi piacciono i fotomontaggi e gli striscioni offensivi, è sicuramente una gran bella soddisfazione aver vinto contro la Germania e la Francia ma un conto è scherzare o fare battute (magari ironicamente cattivelle, perché no…), un conto è cercare di essere a tutti i costi (chissà poi perché…) scorretti e bastardi (magari dentro…): non so a voi ma a me gli insulti gratuiti dopo un po’ non fanno più ridere.

Mi dispiace vedere quanto può essere sottile il confine tra la gioia e l’aggressività, tra la voglia di fare festa e la ferocia senza ragione, tra lo spontaneo manifestarsi del piacere di aver vinto e la pulsione autodistruttiva, tra la folla che canta in piazza (ed è bello…) e le macerie, i vetri rotti e i cassonetti rovesciati che il giorno dopo sono lì a rammentarci che siamo ancora “quelli della pietra e della fionda”…

Mi piacerebbe che la gioia di questo nostro paese non fosse effimera né nostalgica e non diventasse un modo come un altro per nascondere problemi irrisolti o evitare di guardare verso il futuro. Una vittoria non ha senso quando diventa retorica compiaciuta. Ha senso solo se ci fa venire voglia di costruire altri successi, in altri campi, in altri luoghi, in altre occasioni…

Perdonatemi ancora per questo messaggio invadente e non richiesto: non sto cercando consensi e sono sicuro che ognuno ha una visione diversa di ciò che sta accadendo, ed è giusto che sia così. Ma sono pensieri e parole in libertà, e a volte è bello semplicemente sentirsi liberi di esprimerli.

Mario

In ogni caso, sono contento della vittoria dell’Italia, vorrei solo riconoscerne il giusto valore. Per questo vi mando la mia personale bandiera: è fatta di rose cangianti, una verde, una bianca e una rossa… un augurio per un paese più dolce, più vero, finalmente capace di cogliere le sfumature e i profumi dell’esistenza

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