La ricetta è relativamente semplice, e ci avevano già pensato Elliott Erwitt e molti altri: si entra in un museo, meglio se famoso e sovraffollato, e si cerca di resistere alla tentazione di guardare “solo” le opere, volgendo lo sguardo anche sui visitatori, sui gesti, sugli sguardi, e poi sulle forme, le luci, le ombre, in cerca di immagini curiose e diverse, sul filo dell’ironia, dell’illusione e, perché no, della casualità. Poi si ritagliano i dettagli più divertenti e significativi in postproduzione, ma senza trucchi e ritocchi, solo un po’ di lavoro in “camera chiara” per aggiustare la luminosità, la nitidezza o l’esposizione. Ecco che cosa sono riuscito a raccogliere lunedì scorso al Louvre…
Della stessa serie:
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