Vento

Vento (fotoelaborazione di Mario Rotta)

Ora mi rendo conto che quello che spesso ho cercato di fotografare non era altro che il vento. Il vento è una costante nei miei ricordi, così come nei miei sogni. Si sovrappongono spesso la sensazione dell’aria che soffia da nord portando il freddo e il sereno mentre il mio sguardo si socchiude per difendersi dalla luce, e il movimento di distese d’erba turbate da serpenti invisibili; e non so più quale delle due è una sorta di pensiero dominante, e quale un’immagine che porto con me da quando ero un bambino, e amavo già camminare da solo sui prati degli Appennini, come se volessi immagazzinare quel silenzio, intuendo che sarebbe stato sempre più difficile, col tempo, coglierne la purezza. Ma il vento non mi ha mai parlato, non l’ho mai percepito in questa sua dimensione romantica: mi è sembrato, ma erano solo metafore, modi per raccontare, più spesso esprimere, sentimenti che non sarei riuscito a definire altrimenti. Poi ho lentamente abbandonato anche la percezione di alcune di quelle emozioni: il vento tra i capelli non significa più nulla per me, e neppure quelle folate improvvise che sembrano trasportare gli odori e il dolore del mondo, a meno che non vengano dal mare accarezzando le isole che amo. Ciò che resta è l’impronta che l’aria può ancora lasciare su un sensore digitale, e l’interrogativo che queste immagini mi trasmettono: è questo l’unico aspetto visibile che può assumere la domanda perché? Siamo davvero così, fragili foglie d’erba che non possono essere strappate ma neanche avviarsi su un altro sentiero? E che cosa cambierà ancora senza avvisarci? Lo so, “ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento”: ma non riesco proprio a farmene una ragione.

Vento. Sovrapposizioni ed elaborazione in positivo/negativo di Mario Rotta.
San Leo (Urbino), gennaio 2011

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