A un amico scomparso

Un ricordo, per un amico scomparso giovanissimo alla fine degli anni 70. Riaffiorato dopo tanto tempo, dolorosamente perché la morte è inspiegabile, soprattutto quella di un ragazzo di neanche vent’anni. Era uno studente brillante, un leader della sinistra extraparlamentare, con cui spesso non ero d’accordo. Ma lo avevo visto anche il giorno prima dell’incidente, e avevamo parlato del presente e del futuro. Eravamo entrambi dei sognatori, degli utopisti, anche se ciascuno a suo modo. Come molti altri, che poi, però, hanno preso altre strade, e dopo 15 anni erano irriconoscibili. Possibile che non si possa evitare di crescere e peggiorare? Per questo forse ho scritto queste poche parole. Per me. Per lui.

Ti hanno ucciso perchè mancava un semaforo,
compagno Bellucci.
Prima che tu potessi vedere la rivoluzione.
Sei morto perchè un angolo del mondo
non era stato adeguato
abbastanza in fretta
alle normative europee.
Poi tutto è cambiato davvero, ma non come speravi.
Non potrò mai capire
se sei un esempio
di vita incompiuta
o una scheggia
di vita perfetta:
è facile credere che i morti
possano essere migliori dei vivi.
Però mi piace immaginare che saresti ancora lo stesso
se tu fossi sopravvissuto,
e che saremmo molto più amici di allora.
Sono il solo a pensarlo
di tutti quelli che portarono a spalla la tua bara
dalla piazza al cimitero.
Io che non sono cambiato.
Io che ero l’unico che non leggeva il tuo giornale.

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