Si dovrebbe poter esprimere il proprio parere, per discutere, confrontarsi, cercare soluzioni condivise. Ma queste buone pratiche non ci sono più o hanno perso di significato, e questo già mi preoccupa. Ma ancora di più mi preoccupa questa semplificazione in cui siamo costretti a delimitare ogni discussione, questo continuo dividere il mondo in Buoni e Cattivi, dopo tutto il tempo che c’era voluto per superare questa dicotomia anacronistica guardando il mondo per quello che è davvero: un insieme fatto di sfumature, di contraddizioni, di passaggi più che di confini. Qualche giorno fa mi sono sentito umiliato: mi hanno rifiutato un caffè al banco perché non ho un green pass ovviamente. Sto parlando di un posto dove prendo il caffè da anni. L’umiliazione non è il caffè rifiutato. Pazienza per il caffè, a casa ho una macchinetta espresso tipo bar, vecchia, che lo fa anche abbastanza buono. Mi sono sentito umiliato dal fatto stesso di essere cittadino di un paese dove si permettono questi atteggiamenti. Anzi, si istigano, senza che nessuno alzi una voce, senza che nessuno si opponga, senza che nessuno provi a dire qualcosa di sensato e che vada oltre la paura o la vergogna. Il giorno dopo una ragazza che di solito va a prendere i libri da leggere in biblioteca mi ha detto che a lei hanno rifiutato di prestare i libri. La motivazione è sempre la stessa: non ha il green pass. Cosa? Solo chi è vaccinato può avere in prestito i libri? Perché? Da quando i virus si nascondono tra le pagine di Dostoevsky o di Conrad? Non ditemi che c’è anche una variante Joyce! Ma non è questo il punto. È che stiamo parlando di una biblioteca comunale, cioè pubblica, cioè pagata con le tasse di tutti i cittadini e che quindi, per definizione, dovrebbe offrire i suoi servizi a tutti i cittadini. Non è difficile da capire. Tra l’altro pare che tutti i libri restituiti debbano prima di tutto essere “sanificati”: parola orribile, che potrebbe evocare scenari tipo Fahrenheit 451, ma che significa, più semplicemente, che nel negare il prestito per motivi sanitari si racchiude un’evidente contraddizione. Oltre che un attacco ai nostalgici dell’odore della carta che accusavano i sostenitori degli eBook di rendere i libri asettici e inconsistenti e adesso (a proposito, dove sono finiti?) evidentemente si accontentano di pagine che sanno di disinfettante.
Si potrebbero raccontare altre storie come queste, più o meno inquietanti, più spesso involontariamente tragicomiche. La sostanza non cambierebbe: una parte dei cittadini di questo paese subisce discriminazioni (perché di questo si tratta) soltanto perché non accetta l’idea di essere sottoposta ad un trattamento sanitario che fino a prova contraria non è formalmente obbligatorio. Ma si vuole lo stesso che tutti siano vaccinati, indistintamente, compresi i tanti che hanno vari e buoni motivi per rifiutarsi. Così si cerca di ottenere il risultato atteso con il ricatto, per stanchezza, seminando paura, disprezzo, fino a rinchiudere i riottosi in una sorta di campo di concentramento 2.0, virtuale ma non meno odioso. Basterebbe poco per mettere fine a questa farsa: Basterebbe che gli esercenti e i referenti dei servizi smettessero di effettuare i controlli (che spesso sono un onere insostenibile), ma soprattutto che chi ha questo prezioso green pass si rifiutasse di mostrarlo ogni volta che gli viene chiesto: così perderebbe il suo valore, e tutti i cittadini potrebbero finalmente tornare a essere considerati uguali, come dovrebbe essere in una società civile, fermo restando un comportamento responsabile da parte di tutti, tipo evitare di uscire se si hanno dei sintomi ad esempio, che invece è una pratica poco diffusa.
Ma questo ragionamento vuole andare oltre i limiti imposti dalle sterili discussioni su pandemie, vaccini e norme sanitarie. Da troppo tempo non parliamo d’altro. Torniamo piuttosto a parlare di democrazia, di diritti, di quello che una volta era argomento di discussione della sinistra e che ora è scomparso, volatilizzato, insieme alla stessa sinistra, insieme alla coscienza dei cittadini che si credono ancora di sinistra, ma non protestano, non prendono una posizione seria su quello che sta accadendo. So bene quali sono le obiezioni: c’è un’emergenza, ci sono priorità imprescindibili. Lo credete davvero? Siete in buona fede? Provate a riflettere su come è cominciato tutto: eravamo in guerra e dovevamo vincere, tutti uniti, tutti insieme, perché prima di tutto viene la salute: e in tutta questa retorica qualcuno deve aver cominciato a pensare che chi non stava al gioco era una specie di disertore. Ma non eravamo in guerra: o meglio, nel caso eravamo in guerra con noi stessi, con le nostre paure, con la nostra fragilità. Non ci si rende conto di questo? Nemmeno dopo 2 anni? Due anni in cui tutti hanno detto tutto e il contrario di tutto, per arrivare a cosa? A dover dimostrare che bisogna vaccinarsi tutti perché altrimenti non si può prendere un caffè o un libro in prestito? E forse neanche comprare molte cose ritenute chissà perché e chissà da chi non indispensabili? Non indispensabili per chi? Come può un governo che si definisce democratico stabilire che cosa è indispensabile per i cittadini o che cosa non lo è? O stabilire che la salute è essere vaccinati? Che fine hanno fatto concetti fondamentali per una democrazia come l’inclusione, la tolleranza, il rispetto della diversità delle opinioni, l’uguaglianza, la libertà? Non so per voi, ma per me tutto questo è più importante di qualsiasi altra cosa, perché si può anche accettare per un breve periodo di rinunciare a qualcosa in nome di un obiettivo comune, purché accettato e condiviso, ma solo per restituire al più presto possibile ai cittadini tutto ciò che fa parte di quella dignità che la Costituzione invoca più volte come base della nostra società; e che per ciascuno di noi è semplicemente il fondamento della vita.